top of page
Cerca

Alice "il Bianconiglio"

Aggiornamento: 23 ott

Il profilo ADHD delle bambine iper compensate


Introduzione

Oggi, durante un colloquio, una paziente adorata e molto intelligente ha narrato la sua storia e descrivendosi bambina ha raccontato di sentirsi come il Bianconiglio di Alice. Questo articolo è dedicato ad Ilaria e a tutte le giovani adulte che sono state bambine iper compensate dalla famiglia.

Coniglio ADHD BAMBINA non riconosciuta

Immaginiamo la bambina diligente: la mamma controlla i compiti, organizza l’agenda, verifica che a scuola tutto vada bene. La docente la considera “promettente”, “buon rendimento”, “motivata”. Eppure, sotto la superficie, si nasconde un’attività cognitiva che richiede un sovraccarico: distrazioni frequenti, difficoltà a iniziare o completare compiti, disorganizzazione interna. Ma grazie a un ambiente protetto, strutturato, e a interventi esterni (come il controllo materno), questi segnali vengono gestiti, attenuati o “coperti”.
Questa bambina cresce e diventa una giovane donna che, però, quando l’ambiente cambia (meno supervisione, maggiore autonomia, responsabilità personali, lavoro, casa propria), scopre che “funzionare bene” richiede uno sforzo enorme, che qualcosa non era “naturale” come sembrava. In questo momento emergono le caratteristiche dell’ADHD, la cui “maschera” crolla. 
Questo articolo esplora questo profilo specifico: bambine “iper-compensate” grazie al sostegno familiare, e le dinamiche che portano all’emergere tardivo dell’ADHD.


Caratteristiche in età scolastica

Durante l’età scolastica, nei contesti fortemente strutturati come quello familiare e scolastico, le difficoltà legate all’ADHD possono risultare meno evidenti, specialmente nelle bambine. Spesso la presenza di una figura materna o di un caregiver molto organizzato funge da struttura di supporto costante: la mamma controlla i compiti quotidiani, prepara il materiale necessario, verifica le scadenze e si assicura che nulla venga dimenticato, diventando di fatto un “backup” esecutivo dello studente. In queste condizioni, il rendimento appare generalmente buono o almeno sufficiente, poiché il sostegno esterno compensa in modo efficace le difficoltà attentive e di pianificazione. Tuttavia, i sintomi sottostanti rimangono spesso poco visibili. La bambina può mostrare incertezza nell’avvio dei compiti, una scarsa capacità di pianificazione, distrazioni frequenti e una necessità costante di supervisione, ma questi aspetti vengono mascherati dalla presenza di un adulto che ne regola il funzionamento quotidiano. Col tempo, si sviluppano strategie di coping precoci: la bambina impara che deve controllarsi, mantenere la concentrazione e “stare sul pezzo”, spesso a costo di un forte dispendio di energie. Questo può tradursi in un perfezionismo marcato, in un’eccessiva paura di sbagliare e in un impegno costante per “essere alla pari” con i coetanei. Agli occhi degli insegnanti, la studentessa può apparire come una bambina diligente e autonoma, che “se la cava”, inducendo a sottovalutare la possibilità di un profilo ADHD. L’assenza di comportamenti iperattivi esteriori contribuisce ulteriormente a questa invisibilità, rendendo difficile riconoscere il disagio sottostante.


Meccanismo di compensazione facilitato

In questo tipo di profilo, il sostegno familiare – spesso materno – assume un ruolo fondamentale, diventando una sorta di impalcatura cognitiva e organizzativa che aiuta la bambina a funzionare meglio nella quotidianità. Questo supporto costante riduce l’impatto concreto delle difficoltà esecutive e contribuisce a creare l’impressione di una piena “normalità”. Di conseguenza, molte bambine con ADHD rimangono di fatto invisibili al sistema diagnostico: non perché non presentino il disturbo, ma perché l’ambiente e il sostegno esterno ne mascherano i segnali. Questa rete di supporto, se da un lato protegge e facilita, dall’altro rischia di rendere meno evidente la reale fatica di fondo. Quando, con la crescita, l’ambiente diventa meno strutturato – come accade con il passaggio all’università, l’ingresso nel mondo del lavoro o l’acquisizione di maggiore indipendenza – oppure quando il caregiver riduce il proprio coinvolgimento, la persona si trova improvvisamente senza il sostegno che fino a quel momento aveva compensato le difficoltà. È in questi momenti che emergono in modo più chiaro i limiti del proprio funzionamento esecutivo: ciò che prima sembrava bastare, ora non è più sufficiente, e la fatica, prima invisibile, diventa evidente.


coniglio adhd compensata neurodivergente

Transizione all’autonomia e comparsa delle difficoltà

Quando la giovane donna deve iniziare a gestirsi da sola, spesso le difficoltà che fino a quel momento erano rimaste nascoste cominciano a emergere con chiarezza. Organizzarsi in modo autonomo diventa complesso, i progetti vengono rimandati o lasciati a metà, e la gestione del tempo e delle priorità si trasforma in una fonte costante di stress. La sensazione è quella di essere sempre in ritardo, di inseguire continuamente qualcosa, proprio come il Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie che corre affannato ripetendo: «Sono in ritardo!». Questo sforzo continuo di mantenere il controllo porta facilmente a un forte affaticamento cognitivo: le strategie interiorizzate nel tempo, basate sul controllo e sull’iperimpegno, richiedono infatti un’enorme quantità di energia mentale. A ciò si aggiunge spesso un senso di smarrimento e un crollo dell’autostima — “Com’è possibile? Ero sempre così brava, e ora non riesco più” — che può accompagnarsi all’insorgere di ansia, depressione e sentimenti di inadeguatezza, rendendo ancora più evidente il peso del funzionamento esecutivo compromesso.


Evidenze e ricerche rilevanti

Anche se non tutte le ricerche isolano espressamente il profilo “sostegno materno → mascheramento → diagnosi tardiva”, ci sono studi che mostrano elementi molto analoghi:

Uno studio su donne con diagnosi tardiva di ADHD ha evidenziato che le partecipanti descrivevano esperienze da infanzia in cui erano state “inaffidabili” rispetto all’organizzazione e al tempo, ma non erano state diagnosticate perché gestivano in qualche modo. (1)

Un’analisi epidemiologica mostra che le femmine ricevono la diagnosi circa 4 anni più tardi rispetto ai maschi, suggerendo che sintomi meno evidenti o compensati restano non rilevati.(2)

Un articolo divulgativo segnala che le bambine con ADHD tendono a sviluppare comportamenti di “masking” e compensazione (studiano di più, fanno liste, cercano di essere “brave bambine”) e ciò contribuisce al ritardo diagnostico.(3)

Uno studio del 2024 mostra che la capacità di compensazione agisce come fattore protettivo temporaneo, ma al tempo stesso porta a maggiore rischio di stress, esaurimento e declino funzionale quando le richieste aumentano. (4)

Queste evidenze sembrano confermare l’esistenza di un meccanismo specifico: bambine che erano sotto il radar, ma che da adulte pagano il conto.


bianconiglio adhd disordine cercare le cose

Implicazioni per il riconoscimento clinico

Per genitori e insegnanti

  • Se una bambina sembra andare bene a scuola, ma richiede supervisione costante (mamma che corregge compiti, organizza, ricorda le cose) o lavora molto più degli altri per ottenere risultati simili, è utile considerare il sospetto di difficoltà esecutive/ADHD.

  • Chiedersi: quando meno controllo esterno/esiste indipendenza, cosa succede? Si regge bene o emerge un forte disagio?

  • Valutare la presenza di segnali “silenti”: difficoltà con lo start dei compiti, procrastinazione, distrazione, dimenticanze, cambiamenti frequenti nell’organizzazione, ma buoni risultati grazie all’intervento esterno.


Per professionisti (psicologi, neuropsichiatri, insegnanti)

  • Nell’anamnesi, chiedere non solo: Era disattenta/iperattiva a scuola?, ma: Quanto sostegno esterno aveva? Quanto i compiti erano controllati da mamma/caregiver? Quanto le veniva richiesto di far tutto da sola?.

  • Valutare il funzionamento sotto il radar significa esplorare anche il carico cognitivo compensativo: Quanto lavoro in più fai per stare al passo?, Quanto ti costa mantenere l’apparenza di ‘brava’?.

  • Considerare che il cambiamento di contesto (es. universitario, lavoro) può rivelare difficoltà precedentemente gestite dall’ambiente.


Intervento clinico mirato

Gli interventi psico-educativi dovrebbero tenere conto non solo delle difficoltà attuali, ma anche del peso che le strategie di compensazione hanno avuto nel tempo. Molte persone, infatti, hanno imparato a gestire le proprie fragilità attraverso meccanismi come il perfezionismo, l’ipercontrollo o l’ansia da prestazione, strategie che nel lungo periodo risultano estremamente dispendiose e poco sostenibili. Un percorso efficace deve quindi accompagnare la persona nella graduale riduzione di questo carico compensativo, aiutandola a riconoscere in modo realistico sia le proprie risorse che le proprie vulnerabilità, e a costruire modalità di funzionamento più equilibrate. È importante promuovere un’autonomia reale, fornendo strumenti concreti per la gestione del tempo, l’organizzazione quotidiana, la pianificazione delle attività e la suddivisione dei compiti in passi più piccoli e gestibili, all’interno di contesti strutturati ma flessibili. Parallelamente, il lavoro psicoterapeutico può sostenere il recupero dell’autostima e dell’identità personale, aiutando la persona a ricostruire un senso di sé più autentico dopo anni trascorsi a “funzionare a tutti i costi”.


Un’immagine metaforica: il “Bianconiglio”

Il personaggio del Bianconiglio in Alice nel Paese delle Meraviglie corre, continuamente preoccupato di essere in ritardo. Allo stesso modo, queste bambine-donne vivono una “corsa” interna: devono stare al passo, anticipare, correre per non perdere terreno. La supervisione esterna (mamma che accompagna, controlla, organizza) è come un assistente che fa da metronomo esterno. Ma quando quel metronomo viene rimosso o l’orchestra diventa più complessa (università, lavoro, casa, famiglia), ecco che il ritmo interno traballa.
Il “ritardo” non è solo nel completare un compito, è nel sentirsi sempre un passo indietro, pur dando l’impressione di stare “davanti”.


Conclusione

Il profilo delle “ex-bambine iper-compensate” con ADHD ci invita a guardare oltre l’apparenza della “brava studentessa” e a considerare quanto il sostegno esterno e le strategie di compensazione abbiano nascosto difficoltà sottostanti. È essenziale riconoscere che:

un rendimento apparentemente buono non esclude l’ADHD, se quel rendimento è frutto di compensazioni sostenute;

la vera prova può venire quando l’autonomia aumenta e il supporto esterno diminuisce;

la diagnosi tardiva è un’esplosione del “ritardo” interno, non solo della performance;

intervenire significa non solo trattare i sintomi, ma liberare la persona dal dover correre in continuazione e permetterle di trovare un ritmo sostenibile.


Riferimenti bibliografici essenziali

 
 
 

Commenti


​© 2025 by StudioSEM

bottom of page